(Non) riempire gli spazi vuoti!

“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni.”1

E se, fuori dal contesto in cui il kata è stato creato (e in questo caso siamo lontani molti secoli e a migliaia di chilometri dal contesto originale), la nostra spiegazione del movimento non fosse quella giusta? Alessandro Morgante

Giappone, periodo Edo. Due samurai si incrociano mentre percorrono una strada di campagna, si guardano e in meno di un secondo sguainano le spade e iniziano un duello in cui uno o entrambi muoiono. Questo è ciò che immaginiamo sarebbe accaduto in quei tempi e circostanze, grazie a una certa letteratura e, soprattutto grazie a film, manga, anime e serie televisive che hanno come protagonisti questi famosi guerrieri giapponesi.

“Quando la leggenda diventa realtà, stampa la leggenda.” L’uomo che uccise a Liberty Valance2

Su quel periodo, nonostante la documentazione storica, abbiamo più dubbi che certezze, soprattutto se si parla di combattimento e di arti marziali in generale. Dobbiamo immaginare come pensava quella particolare categoria di uomini. Dobbiamo indovinare come si muovevano, com’era la loro postura e metterci letteralmente nei loro panni, ma questo non importa perchè per quanto ci possiamo sforzare, non riusciremo mai a farlo. E qui arriva la peggiore delle tentazioni: riempire gli spazi vuoti.

Si dice che la Natura rifiuti il ​​vuoto (Natura abhorret a vacuo) e che il nostro cervello si sia sviluppato, per ragioni di economia, sopravvivenza e praticità, a riempire gli spazi vuoti. Questa è una capacità che ci è molto utile nella vita di tutti i giorni, ma diventa dannosa quando la usiamo in modo sconsiderato e fuori contesto. Non avendo informazioni certe, colmiamo i vuoti con le nostre presunte certezze e soprattutto con le nostre convinzioni. Peccato che queste certezze e credenze non abbiano una base solida ma, come insegna John Ford, sono solo leggende che ci vengono tramandate come se fossero vere. Il vero ruolo e la figura del samurai oggi sono stati rivisti in chiave storica (presto dedicherò un post a questo argomento), ma l’alone di leggenda che li circonda rimane perché soddisfa il nostro romantico bisogno di eroismo e cavalleria. Peccato che tutto ciò faccia più male che bene. Quindi cosa dovremmo fare?

“Il nostro compito come praticanti e insegnanti (soprattutto se non giapponesi) è duplice. Il primo è rimanere nella tradizione, in particolare per noi che pratichiamo una koryu (古流), cioè una scuola antica di arti marziali. La seconda è che dobbiamo essere, come occidentali, sia traduttori che paleontologi. Proprio perché pratichiamo un’arte marziale che affonda le sue radici in un sistema di almeno cinque secoli fa e che non ha alcun legame con la realtà odierna, dobbiamo sforzarci di “tradurre” nella nostra lingua ciò che sappiamo e scavare, proprio come fanno i palenotologi , alla ricerca di resti che portino alla luce e possibilmente chiariscano i vari punti oscuri che si presentano davanti a noi. Bisogna affidarsi sia agli storici veri e attendibili di questo campo che sperimentare, senza però pensare di poter cambiare le forme e i significati della koryu a nostro piacimento. Se lo facessimo, tradiremmo il mandato datoci dai nostri insegnanti». Andrea Re Sensei

Tutti ricordiamo i velociraptor di Jurassic Park, probabilmente le creature più famose dell’intera saga: erano letali, cacciavano in branco ed erano molto intelligenti. Peccato che la realtà fosse ben diversa.

jurassic park reality
Nei film Nella realtà

I velociraptor avevano le piume, avevano le dimensioni di tacchini e non cacciavano in branco. Ma per noi continuano ad essere quelli dei film, e la leggenda (in questo caso la finzione letteraria e cinematografica) diventa realtà. Ma, una volta usciti dal cinema o finito uno dei libri di Chricton, se vogliamo davvero sapere cosa fossero e cosa facessero realmente quelle creature che ci hanno tanto colpito, dobbiamo informarci e studiare.

Allo stesso modo, probabilmente non saremo mai sicuri del “come” e del “perché” sono stati praticati i kata che studiamo, ma dobbiamo continuare a indagare. Anche questo fa parte del nostro compito di praticanti consapevoli e moderni.

  1. Il ventaglio di Lady WindermereOscar Wilde (1892)
  2. “L’uomo che uccise a Liberty Valance” John Ford (1962)